"Ciauscolo delle Marche"

Il Ciauscolo e i Vini

"Ciauscolo delle Marche" Copyright Turismo Marche CC BY-NC-SA 2.0 https://www.flickr.com/photos/turismomarche/6956116631 (ritagliata e ruotata dall'originale)

DESCRIZIONE

E’ uno dei più pregiati vini locali, di origini antiche, come dimostrato dal suo nome di derivazione romana, che si rifà all’antica città di Faleria Augusta, oggi Falerone. Nel territorio fermano la coltivazione della vite risale a tempi probabilmente anteriori alla conquista romana. L’originaria Denominazione di Origine Controllata del Falerio è stata successivamente modificata a seguito dell’aggiunta agli uvaggi tradizionali di due vitigni storici ed importanti: la Passerina e il Pecorino. Secondo le nuove specifiche DOC la composizione del Falerio è la risultante dell’unione di Trebbiano toscano fino ad un massimo dell’80%, Passerina al 10‐30%, Pecorino al 10‐30%, più altri uvaggi a bacca bianca coltivati nell’ambito della Regione Marche. La zona di produzione definita dalla Doc del Falerio si estende su quasi tutta l’area viticola delle province di Fermo e Ascoli Piceno, dalla fascia collinare sub‐appenninica fino al litorale adriatico, fatta eccezione per la zona orientale occupata dai vigneti del Rosso Piceno, per le aree al di sopra dei 700 m s.l.m., i fondovalle e i terreni eccessivamente umidi.

Il ciauscolo è “gioiello di famiglia” della norcineria Marchigiana. La caratteristica che distingue questo prodotto dagli altri salumi è di essere spalmabile. In molti lo paragonano, per questo, proprio ad un paté, straordinariamente gustoso ma anche di un’insospettabile freschezza in quanto il ciauscolo richiede una stagionatura molto più breve rispetto agli altri salumi. Per gustarne appieno le caratteristiche, questo prodotto va consumato nei primissimi mesi dell’anno. Tradizione vuole che, per la colazione della mattina di Pasqua, si affetti il primo salame lardellato da gustare insieme alla tradizionale Pizza di Pasqua al formaggio.Confini temporali quindi, ma anche confini geografici per questo prodotto che trova la maggior diffusione nella provincia di Macerata ed è presente nella parte meridionale della provincia di Ancona e in alcune zone del fermano e dell’ascolano, soprattutto nel comprensorio dei Monti Sibillini.
Alcuni termini dialettali con i quali si usava designare tradizionalmente questo prodotto, quali “ciabusco”, “civuscolo”o “cibbusco”, sarebbero la corruzione del latino “cibusculum”, ovvero piccolo cibo. Un insaccato, quindi, da consumare al di fuori dai pasti principali, per uno spuntino o una merenda, l’ideale per gli allevatori itineranti o transumanti un tempo molto numerosi nelle Marche. Per fare un buon ciauscolo, bisogna innanzitutto fare attenzione alla scelta delle carni, che devono essere di prima qualità e devono derivare dalla spalla, dalla pancetta, dal prosciutto e dal lombo, con aggiunta di lardo e di carni provenienti da altri tagli minori. Grande importanza riveste quindi il grasso che deve essere sempre sodo e bianco. Va pertanto prestata un’attenzione particolare all’alimentazione del maiale, che dev’essere il più possibile tradizionale e non contenere mangimi che possano conferire odori sgradevoli al grasso o alterarne il colore. Le carni vanno macinate più volte poiché l’impasto dev’essere molto fine. Si aggiungono quindi, oltre al sale e al pepe, anche aglio e vino bianco. L’insaccatura si effettua tradizionalmente in budello naturale, precedentemente dissalato, disinfettato e aromatizzato. Il prodotto insaccato, una volta asciugato, viene sottoposto ad una breve stagionatura, non inferiore a 15 giorni, in locali con temperatura compresa tra 10° e 16°. In alcuni casi si effettua anche l’affumicatura in apposite vasche. Il ciauscolo è uno dei prodotti per i quali è stata richiesta la registrazione comunitaria come IGP nell’intento di tutelare e promuovere uno dei prodotti che meglio rappresenta la tradizione rurale marchigiana.

I vini - La Valdaso produce diverse varietà di vini, ognuno con le proprie caratteristiche, ma tutti vanno per il mondo e tutti sono considerati eccellenti. Il Falerio è uno dei più pregiati vini locali, di origini antiche, come dimostrato dal suo nome di derivazione romana, che si rifà all’antica città di Faleria Augusta, oggi Falerone. Nel territorio fermano la coltivazione della vite risale a tempi probabilmente anteriori alla conquista romana. L’originaria Denominazione di Origine Controllata del Falerio è stata successivamente modificata a seguito dell’aggiunta agli uvaggi tradizionali di due vitigni storici ed importanti: la Passerina e il Pecorino. Secondo le nuove specifiche DOC la composizione del Falerio è la risultante dell’unione di Trebbiano toscano fino ad un massimo dell’80%, Passerina al 10‐30%, Pecorino al 10‐30%, più altri uvaggi a bacca bianca coltivati nell’ambito della Regione Marche. La zona di produzione definita dalla Doc del Falerio si estende su quasi tutta l’area viticola delle province di Fermo e Ascoli Piceno, dalla fascia collinare sub‐appenninica fino al litorale adriatico, fatta eccezione per la zona orientale occupata dai vigneti del Rosso Piceno, per le aree al di sopra dei 700 m s.l.m., i fondovalle e i terreni eccessivamente umidi.
Nella provincia picena la coltivazione della vite risale a tempi remoti: secondo alcuni studiosi essa è anteriore alla conquista romana.
La legge Giulia nel '92 a.c. espropriò del territorio agricolo del territorio agricolo le popolazioni della valle del fiume Tenna. I veterani delle legioni di Cesare che vi si insediarono trovarono in tale area viti allevate con tecnica simile all'Etrusca.
Al centro delle vie per "Asculum" e "Firmum" era proprio situata "Faleria Augusta", opulenta città, cuore della produzione di ottime uve, tributaria all'annona di Roma per vino, grano, olio.
Del Falerio è molto importante, secondo gli enologi, l'equilibrio. Qualcuno lo definisce una via di mezzo tra Verdicchio e Bianchello, ovviamente sul piano delle qualità organolettiche.
Il Passerina si presenta di colore giallo paglierino, riflessi dorati. I profumi sono tipici della frutta tropicale e di fiori bianchi, ginestra. Va consumato abbastanza giovane, di solito non oltre il secondo anno di vita. All'esame visivo si presenta cristallino, con un colore giallo paglierino, consistente. Al naso è intenso, abbastanza complesso, fine, con note floreali di fiori bianchi; fruttate di frutta a polpa bianca, mela golden e susina; sentori vegetali di erbe aromatiche e minerali. In bocca è secco, caldo, abbastanza morbido, fresco e sapido. Di corpo, intenso e abbastanza persistente.
Il Pecorino si mostra di un colore dorato, ha buoni profumi e sapori persistenti, anche la gradazione mostra un carattere marcato, raggiungendo spesso i 14 gradi alcoolici: è il pecorino da bere, vino bianco che, da qualche anno, incontra notevoli favori del pubblico. Il suo nome curioso sembra derivare dalla diffusione geografica del vitigno che, già nell’Ottocento, veniva coltivato nelle regioni medio adriatiche, ovvero le regioni della storica transumanza dei pastori, oppure, come molti sostengono, per il particolare gradimento delle greggi verso i grappoli di uva, che si presenta con acini piuttosto piccoli, gustosi e croccanti.

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