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Curiosità
Già nel ‘400, in una corrispondenza dell’Abbazia di Campofilone, si trova una citazione che descrive una delle caratteristiche peculiari di questi “maccheroncini fini fini” dei quali si dice che erano “tanto delicati da sciogliersi in bocca”. Nel 1560, ricompaiono in mezzo ai documenti del Concilio di Trento. E poi ancora nelle ricette del 1700 e del 1800 tratte dai quaderni di cucina di alcune casate nobili come i conti Stelluti Scala e i conti Vinci.
I maccheroncini si distinguono dalle altre paste alimentari per essere impastati solo con uova di gallina nella proporzione di dieci uova per ogni chilo di farina. Si usa generalmente la farina di frumento duro anche se, a livello familiare, è frequente anche l’utilizzo di frumento tenero purché abbia glutine forte con notevole capacità di assorbimento.
Gli ingredienti vengono impastati senza aggiunta di acqua. Con il mattarello se ne ricava una sfoglia sottilissima che deve risultare morbida come fosse di seta, questa viene tagliata con un coltello affilatissimo fino ad ottenere i fili che devono essere sottili quanto più possibile. Con l’aiuto del coltello, i maccheroncini vengono quindi separati e disposti a treccia su un foglio di carta per alimenti dove devono restare per un periodo variabile tra le 24 e le 36 ore in modo da consentire l’essiccazione che porterà il prodotto a perdere oltre il 20% del proprio peso. Tutte le operazioni descritte vanno effettuate rigorosamente a mano.